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Stefano Medas

sortirono gli effetti sperati. Nonostante il successo ottenuto, l’ancora Trotman stentò ad im-
porsi, mentre l’Ammiragliato continuò ad essere effettivamente la più utilizzata sia nelle ma-
rine mercantili che militari. Il vero cambiamento intervenne soltanto con la diffusione delle
nuove ancore senza ceppo.

L’ancora Ammiragliato “vecchio tipo” conservata nel Museo della Regina di Cattolica si con-
serva integra in tutte le sue parti, ad eccezione del ceppo di legno, che è andato perduto. Il
livello di consunzione del ferro attesta che l’ancora è stata utilizzata per molto tempo prima
di essere perduta, come dimostra chiaramente l’ovalizzazione dell’occhio in cui è inserita
la cicala. La sezione originale delle marre, di tipo rettangolare con due lati leggermente ar-
cuati, risulta sostanzialmente ancora ben riconoscibile. Il fuso appare invece maggiormente
deteriorato sia dall’usura sia, soprattutto, dalla corrosione superficiale del ferro, che ha de-
terminato nel tratto centrale la perdita della sezione originale, diventata di forma circolare o
leggermente ovalizzata. Dal momento che le varie parti di queste ancore erano prodotte per
fucinatura, tramite la battitura a caldo di verghe di ferro unite in fasci, come ben rappresen-
tato nelle tavole della Forge des Ancres dell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert, tanto il fuso
quanto le marre tendevano normalmente ad avere una sezione quadrata o rettangolare, con
le due facce laterali (quelle che guardano le marre) leggermente convesse; caratteristica che
nella nostra ancora si è parzialmente conservata solo nel tratto superiore e in quello inferio-
re del fuso.

Mancando il contesto archeologico di rinvenimento e il ceppo ligneo, sul quale si sarebbero
potute eseguire, eventualmente, un’analisi radiometrica o dendrocronologica, l’inquadra-
mento cronologico del reperto può essere condotto solo su basi tipologiche. Ciò implica un
notevole grado di approssimazione, dovuto alle possibili varianti di un’ancora di tipo asso-
lutamente comune e globalmente diffuso, che veniva prodotta praticamente in ogni arsenale
e in ogni cantiere navale che disponesse della fucina. Come abbiamo visto sopra, i canoni di
standardizzazione introdotti dalla marina britannica tra la fine del XVII e gli inizi del XVIII
secolo, che dovettero in certa misura diventare dei parametri di riferimento generalmente
diffusi, riguardavano sostanzialmente il peso dell’ancora, le sue dimensioni, le proporzioni
generali e quelle delle sue principali componenti. Per il resto, è facile immaginare che le
officine potevano apportare varianti di maggiore o minore entità in relazione, per esempio,
alle sezioni del fuso e delle marre, alla forma e all’inclinazione delle marre stesse, alla forma
delle patte, al maggiore o minore rilievo dato alle unghie.

Nel nostro caso, gli elementi significativi sono rappresentati dalle proporzioni comples-
sive dell’ancora, che appartiene chiaramente, per restare nella definizione data dagli stu-
diosi anglosassoni, all’ancora “Ammiragliato di vecchio tipo con lungo fuso” (Old Admiralty
Long-shank anchor), dalle marre appena segmentate, cioè non perfettamente rettilinee, dalle
palme lanceolate e dalle unghie che, nonostante la consunzione, risultano ancora piuttosto
prominenti. In base a queste caratteristiche, la nostra ancora può collocarsi entro un arco
cronologico compreso tra il XVII e gli inizi del XIX secolo, con maggiore probabilità nel XVIII
secolo, epoca a cui riconducono i confronti più stringenti.

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