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Maria Luisa Stoppioni

pratiche antiche della navigazione e della marineria tradizionale, tra forme di sapere che pur
in continua evoluzione hanno mantenuto fino a pochi decenni fa caratteri fortemente arcaici,
le quasi invariate tecniche costruttive degli scafi in legno, le attività di pesca e di trasporto
legate ad un’economia a lungo e prevalentemente di quotidiano sostentamento confermavano
i rapporti di continuità tra passato e presente, che si esplicitavano soprattutto in una chiave
di lettura demoantropologica che la storia marinaresca in parte cedeva, consentendone la
comprensione, a quella archeologica.

Gli scavi a Cattolica degli ultimi anni, tra cui in particolare quello della Nuova Darsena5, che
ha permesso la scoperta di un approdo di natura essenzialmente economico-commerciale
alla foce del Tavollo, con la grande discarica di anfore vinarie di produzione locale pronte a
trasportare il vino del territorio nei mercati adriatici e forse oltre, aveva inoltre permesso
di allargare gli orizzonti della storia locale: all’idea di una comunità riunita in un’area
piccolissima, le cui attività sembravano prevalentemente connesse al cursus publicus e quasi
solo ai servizi di sosta per i viaggiatori quale si esplicita nella piccola area archeologica
cittadina, si è sovrapposta e in parte sostituita quella di un largo territorio, agricolo, produttivo
e commerciale le cui genti solcavano il mare già in III sec. a.C. alla ricerca di mercati per i
propri prodotti, mercati di cui per ora non conosciamo il raggio, ma che dovevano essere
almeno adriatici.

La scoperta della discarica alla Nuova Darsena aveva così permesso di allargare l’osservazione
e di rinvigorire i temi del trasporto via mare di merci, di uomini e di derrate, come di quelli
relativi a questo mare Adriatico che ha accomunato culture e genti, oltre che economie;
l’arrivo di queste ancore, perciò, pur se con valenze archeologicamente assai inferiori a causa
del modo in cui sono state recuperate, aggiunge spunti di riflessione lungo questo sentiero, e
fornisce una dilatazione temporale alla storia della comunità cattolichina. Le ancore giacenti
in mare, talora pertinenti a relitti che il fondale adriatico spesso tiene celate, o che invece
erano state “perdute” da qualche imbarcazione che non era poi riuscita a recuperarle, ci
raccontano infatti storie di navigazione e di commerci; le dimensioni, le caratteristiche e
la forma sono rivelatori essenziali del tipo di barche o di navi su cui erano a bordo, della
provenienza di quelle navi e della loro cronologia, della loro tipologia e delle forme del loro
utilizzo (da trasporto, da guerra, o ancora mercantili o da diporto) e dunque forniscono
elementi interessanti per ricostruire o solo ipotizzare i flussi che percorrevano il nostro
mare, costituendo indizi preziosi per la storia economica di un’area, non importa quanto
vasta.

E dunque le ancore rappresentano una traccia significativa per individuare possibili rotte
adriatiche e per delineare, seppur sommariamente, i caratteri dell’economia marittima di
questa parte di costa. Si tratta spesso, e specialmente in questo caso, di informazioni del
tutto parziali: non si conosce infatti il tipo di giacitura di questi reperti, visto che sono
stati recuperati durante una pesca a strascico, che non può consentire in alcun modo di
precisarne la posizione esatta, né tanto meno la pertinenza; non si sa su quali barche erano
in uso, né è possibile sapere in quale parte della sponda adriatica esse giacessero, e dunque le
informazioni che ci forniscono sono molto limitate e non del tutto e chiaramente decifrabili.

Eppure una storia la raccontano, delineano passaggi e traffici che hanno costantemente

5	 L. Malnati, M. L. Stoppioni (a cura di), Vetus Litus. Archeologia della foce. Una discarica di materiali
ceramici del III secolo a.C. alla darsena di Cattolica, lungo il Tavollo, Borgo S. Lorenzo (FI), 2008.

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